A sei mesi di distanza da quel drammatico 16 ottobre, ha preso il via il processo a carico di Giovanni Salamone,
il sessantunenne agrigentino accusato di avere ucciso a coltellate la moglie, l’insegnante Patrizia Russo, in un appartamento a Solero, piccolo paese alle porte di Alessandria, in Piemonte. Salamone, attualmente detenuto nel carcere di Genova, era presente in aula. Deve rispondere del reato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dall’aver agito contro la coniuge. I figli della coppia si sono costituiti parte civile tramite gli avvocati Maria Luisa Butticè e Anna Maria Tortorici. Entrambi testimonieranno al processo a carico del padre. La difesa dell’imputato, rappresentata dagli avvocati Elisabetta Angeleri e Gianfranco Foglino, potrebbe chiedere una perizia psichiatrica per accertare l’eventuale capacità di intendere e volere dell’uomo al momento dei fatti insistendo nel sentire alcuni testimoni sulle condizioni di Salamone nei giorni immediatamente precedenti al delitto. Il pm Andrea Trucano ha depositato la documentazione relativa agli atti di indagine. Si torna in aula il 12 maggio. Un dramma, quello che si è consumato tra le mura domestiche lo scorso 16 ottobre in Piemonte, che ha scosso la comunità di Agrigento dove la coppia era assai conosciuta. La vittima, Patrizia Russo, era una stimata docente che aveva insegnato dapprima alla scuola media “Castagnolo” di Agrigento e poi all’istituto “Andrea Camilleri” di Favara. Era stato proprio il lavoro a portarla a trasferirsi poi a Solero. Anche Giovanni Salamone, agricoltore e commerciante di prodotti agricoli, è conosciuto nella Città dei templi. Un delitto efferato il cui movente è ancora oggi un mistero. Patrizia Russo venne uccisa con almeno sette fendenti. Fu poi lo stesso marito a chiamare i carabinieri e a confessare di avere ucciso la moglie. Salamone, arrestato e portato in carcere, tentò il suicidio alla seconda notte trascorsa in cella venendo salvato in extremis dagli agenti della polizia penitenziaria.
