Sette mandamenti, 42 famiglie e 9 clan:
sono questi i numeri essenziali riguardanti la presenza della criminalità organizzata in provincia di Agrigento nell'ultima fotografia contenuta nella relazione periodica della Direzione Investigativa Antimafia. Relazione illustrata a Roma in conferenza stampa dal capo della Dia Michele Carbone. Mandamenti considerati operativi, come d'altronde hanno rivelato diverse operazioni condotte nel corso del tempo sul territorio: da quello di Agrigento a quelli che la Dia considera sempre più aggueriti che operano nell'entroterra: dalla zona controllata denominata Lucca Sicula/Ribera al mandamento di Cianciana. C'è poi il mandamento di Santa Margherita di Belice, considerata a capo, oltre che di quella locale, anche delle famiglie mafiose di Sciacca, Sambuca di Sicilia, Menfi e Motevago. A completare il quadro sono i mandamenti di Palma di Montechiaro e di Canicattì. Nella configurazione organizzativa mafiosa ci sono poi i clan, che si diramano tra Porto Empedocle, Palma di Montechiaro, Naro, Favara, Canicattì, Campobello di Licata, Camastra e Bivona. Insomma: in tutto l'Agrigentino non c'è un comune dove non ci sia una famiglia mafiosa operativa, secondo la Dia.
Un territorio provinciale che si caratterizza per la presenza conteporanea di mafia e Stidda, realtà criminale quest'ultima ormai sempre più radicata, anche se Cosa nostra conferma la sua supremazia territoriale. Una fotografia, quella della Dia, che cristalizza dunque una situazione in cui il controllo mafioso appare ancora più che presente, col tentativo perenne di infiltrarsi negli appalti pubblici e di esercitare condizionamenti che non tralasciano certamente anche quelli nei confronti del potere politico nella pubblica amministrazione, a partire dagli enti locali. Condizionamenti svelati da operazioni antimafia in cui sono stati accertati in ogni territorio episodi di sequestri di armi e intercettazioni che hanno rivelato un quadro a tinte fosche, anche se tra gli affari più importanti sotto il controllo mafioso sicuramente quello della droga ha una sua preoccupante stabilità. Situazione che rimane meritevole di attenzione anche quella del Trapanese, la terra che ha permesso al boss Matteo Messina Denaro di sottrarsi all'arresto per 30 anni, dove i mandamenti sono quattro (oltre a quello di Castelvetrano sono operativi anche quelli di Alcamo, Mazara del Vallo e Trapani). Mandamenti che sono a capo di 17 famiglie mafiose.
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